Rockol30

Hanno provato a mandare Lola Young in rehab, e ha detto sì

Ecco perché Lola Young può arrivare dove Amy Winehouse non è arrivata.
Hanno provato a mandare Lola Young in rehab, e ha detto sì
Credits: Conor Cunningham

«Can Lola Young make it big without breaking?», si chiedeva qualche settimana fa, negli Usa, il New York Times, mentre anche oltreoceano montava l’attesa legata al nuovo album della voce di “Messy”, il secondo da quando la cantautrice britannica ha attirato su di sé l’attenzione di tutto il mondo grazie alla hit dello scorso anno. In altre parole: «Può Lola Young diventare grande senza uscire di testa?». “I’m only f**king myself”, così come si intitola il nuovo disco della popstar, arrivato oggi sulle piattaforme e nei negozi di tutto il mondo, deve rispondere proprio a questa domanda.

Lola Young, 24 anni, cresciuta a Beckenham, nel sud di Londra, arriva all’appuntamento con quello che sulla carta sarà l’album della sua consacrazione dopo che la sua “Messy” è diventata un inno per la Generazione Z e ha fatto di lei l’artista inglese con il singolo più alto in classifica a livello globale negli ultimi mesi con piazzamenti in top 10 in oltre quattordici paesi, permettendole di accumulare oltre un miliardo di streams in pochissimo tempo. Lei che mentre "Messy" scalava le classifiche entrava in un centro di rehab per disintossicarsi dalla cocaina e che proprio nei versi di quella canzone raccontava di «fare come Britney» e chiedeva al ragazzo di perdonarla per essere «troppo disordinata un giorno» e «troppo perfetta un altro giorno», riuscirà a non lasciarsi travolgere dalle aspettative? Oppure farà la fine dell’artista alla quale immediatamente la critica d’oltremanica l’ha accostata non solo per quella voce graffiante e soul ma anche per la capacità di scrivere canzoni che parlano apertamente di dipendenze e fragilità senza filtri, ovvero Amy Winehouse? Il fatto che dietro di lei ci sia lo stesso manager che portò al successo la voce di “Back to black”, Nick Shymansky, è una coincidenza che non fa dormire sonni sereni ai fan di Lola Young. Eppure è stato lo stesso Shymansky, interpellato proprio dal New York Times, ad azzardare un pronostico: Lola Young arriverà dove Amy Winehouse, purtroppo, non è riuscita ad arrivare. E non perché ad Amy mancasse qualcosa, a livello artistica: è che da quel maledetto 2011 che si portò via uno dei talenti più incredibili della musica degli Anni Duemila, consumata dalle sue fragilità e dipendenze, la discografia ha fatto qualche passo in avanti, quanto all’importanza di preservare la salute mentale degli artisti. «Non sarà perfetto, ma credo che Lola possa lavorare sulla sua salute mentale e affrontare i suoi demoni. Credo che possa crescere, diventare grandiosa e che possa avere tutto», ha detto Shymansky.

“I’m only f**king myself” fotografa la crescita umana e musicale di Lola Young e punta a fare della cantautrice la voce della sua generazione. Co-firmato e co-prodotto insieme al duo britannico dei Manuka (William Brown e Conor Dickinson) e da Solomophonic (Jared Salomon, un Grammy da produttore come “Best Progressive r&b Album” con “Lana” di Sza), già al fianco di Lola per il precedente “This wasn’t meant for you anyway”, l’album contiene quattordici canzoni che esplorano temi come l’autosabotaggio, vizi - come il sesso e le droghe - vissuti come una forma di evasione e che si traducono velocemente in nichilismo. «È stata dura, ho dovuto lavorare su un processo di guarigione interiore mentre ero alle prese con i tour e tutto il resto. Ho dovuto stare lontana per un po' mentre lottavo con le cose. Ma essere dipendenti da sostanze ti insegna molto. Ti rende più empatico verso altre persone che hanno attraversato la stessa esperienza. È un viaggio continuo», ha confessato lei in una lunga intervista al Guardian.

Attitudine grunge, suoni soul, piglio fortemente pop: musicalmente parlando “I’m only f**king myself” è un crogiolio di generi che spazia dallo shoegaze di “Spiders” (con un’interpretazione à la Cerys Matthews) al rap jazzato di “One thing” (che deve qualcosina alla “sorellina” Raye, altra diva della black music, che oltremanica si sta evidentemente prendendo una rivincita su rap e trap), passando per il sexy pop di “Post sex clarity” (in cui Lola Young dice al suo partner: «Voglio che mi sgoccioli in gola», e non serve spiegare).

Quelli contenuti in “Post sex clarity” non sono gli unici riferimenti espliciti al sesso presenti in “I’m only f**king myself”. Ad anticipare l’album ci ha pensato il singolo “One thing”, in cui ad un certo punto la cantautrice invita il suo compagno a «risparmiare quell’energia da grosso cazzo per la mia bocca»: «È una canzone che a primo ascolto sembra parlare di una sola cosa: sesso. E sì, è così, ovviamente. È da tempo che penso di pubblicare qualcosa di liberatorio e di sexy», dice lei, che nel brano - e nel relativo videoclip - si è mostrata disinibita come mai prima. Ma il messaggio di “One thing” va oltre le provocazioni: «Il sesso in sé non riguarda mai una cosa sola», sottolinea Lola Young, che con il brano racconta di voler incoraggiare le donne a sentirsi sicure del proprio corpo e a trasformare la propria vulnerabilità in una forma di potere seduttivo. «È una canzone che parla di sesso e passione senza vincoli, perché è qualcosa che faccio fatica a realizzare la maggior parte delle volte: penso sia importante per (soprattutto per le donne) sentirsi sicure di sé». Lola Young rivendica di non aver paura di «mettere le cose in musica con sincerità», perché «è la cosa più curativa e può essere quella più celebrata». Il pubblico sembra essere dalla sua parte: «Per quanto faccia paura essere così aperta, mi sento molto grata verso chi si prende il tempo per capirmi». Speriamo che sia sempre così.

La fotografia dell'articolo è pubblicata non integralmente. Link all'immagine originale

© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Policy uso immagini

Rockol

  • Utilizza solo immagini e fotografie rese disponibili a fini promozionali (“for press use”) da case discografiche, agenti di artisti e uffici stampa.
  • Usa le immagini per finalità di critica ed esercizio del diritto di cronaca, in modalità degradata conforme alle prescrizioni della legge sul diritto d'autore, utilizzate ad esclusivo corredo dei propri contenuti informativi.
  • Accetta solo fotografie non esclusive, destinate a utilizzo su testate e, in generale, quelle libere da diritti.
  • Pubblica immagini fotografiche dal vivo concesse in utilizzo da fotografi dei quali viene riportato il copyright.
  • È disponibile a corrispondere all'avente diritto un equo compenso in caso di pubblicazione di fotografie il cui autore sia, all'atto della pubblicazione, ignoto.

Segnalazioni

Vogliate segnalarci immediatamente la eventuali presenza di immagini non rientranti nelle fattispecie di cui sopra, per una nostra rapida valutazione e, ove confermato l’improprio utilizzo, per una immediata rimozione.